I Mass-Media nel Magistero della Chiesa del ventesimo secolo

I mass-media svolgono una funzione importante nella società e la Chiesa ha preso sempre più coscienza di ciò, tanto che il Magistero ha richiamato più volte questo nell’arco del ventesimo secolo, con diversi documenti. Anzi, possiamo dire che quasi in ogni documento magisteriale c’è un riferimento ad essi[1]. Il Magistero richiama soprattutto ai grandi vantaggi dell’utilizzo per la causa del Vangelo, e ogni membro della Chiesa si deve far prodigo di questo apostolato, sostenendolo soprattutto con la preghiera e i sacrifici.

       Pio XI nel 1936 promuoveva l’«Esposizione universale della stampa cattolica» e nello stesso anno scriveva il primo documento pontificio del XX secolo, riguardante i moderni mezzi elettronici, Vigilanti Cura, interamente dedicato al cinema; in esso prevaleva l’orientamento indicato dal titolo, ma vi era anche espresso un giudizio positivo sul cinema definito «dono di Dio»[2]. Papa Pio XI si rivolge inizialmente alla gerarchia ecclesiastica degli Stati Uniti d’America, per passare in seguito ai vescovi di tutto il mondo. Il documento prende spunto, infatti, dalle esperienze della «Legione della decenza» negli Stati Uniti. Questa «legione» era stata formata da un gruppo di preti e laici intorno al 1930 con lo scopo di combattere, in maniera creativa, la produzione di film moralmente negativi. Condannando la visione di tali film e al tempo stesso richiamandosi alla necessità di sostenere nell’opinione pubblica film moralmente buoni, i fautori di questo movimento erano rapidamente divenuti una forza di tutto rispetto, in grado di influenzare le scelte dei produttori e dei distributori cinematografici statunitensi. Ben presto i vescovi americani inviarono alla Segreteria di Stato del Vaticano, retta all’epoca dal cardinale Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII, una documentazione dettagliata per illustrare queste esperienze positive. Scrivendo un’Enciclica sul cinema, Pio XI intendeva promuovere e allargare l’iniziativa condotta negli Stati Uniti a tutto il resto del mondo.

       Per determinare la qualità morale del film, l’Enciclica propone di creare un sistema di classificazione e degli uffici che operino a livello nazionale e facciano parte delle istituzioni ufficiali della Chiesa sulla comunicazione sociale[3].

       Dopo la seconda guerra mondiale, Pio XII sottolineava i compiti della Chiesa nella ricostruzione di un mondo più umano insegnando che in questo quadro svolgono un ruolo importante i mass-media (stampa, cinema, radio e televisio­ne), prevedendo anche il grande influsso che questi avrebbe­ro avuto nella società, esortando perciò i cristiani a intraprendere le dovute iniziative per far sentire la pro­pria presenza in questo campo, prima che fosse troppo tardi. Questo Papa preparerà ben 89 interventi sui mass-media fino all’enciclica Miranda Prorsus, che riassume i suoi inse­gnamenti in tema di comunicazione sociale[4].

       Durante le fasi di preparazione del documento del Concilio Vaticano II sulle comunicazioni sociali quest’Enciclica, unitamente all’insegnamento di Pio XII sul cinema ideale, sono stati una preziosa risorsa[5]

       Dal Vaticano II in poi sono numerosi i documenti magisteriali sulla comunicazione. Tra i più importanti e recenti ricordiamo il decreto conciliare Inter Mirifica[6], del 4 dicembre 1963, primo decreto, assieme a quello della Liturgia, ad essere approvato e primo approvato da un Concilio. Con questo Decreto del Concilio viene creata una nuova terminologia nell’espressione «comunicazione sociale»: si ritenne, infatti, che espressioni come «tecniche di diffusione», «strumenti audiovisivi», «mass-media» o «comunicazione di massa» non esprimessero adeguatamente le preoccupazioni, i bisogni e le prospettive della Chiesa. La comunicazione non può essere ridotta a semplici strumenti tecnici di trasmissione, ma va piuttosto considerata come un processo tra gli uomini. Così l’espressione «strumenti della comunicazione sociale» rendeva più adatta l’idea della comunicazione che intercorre tra gli essere umani nella società contemporanea, e la dimensione «sociale» dei mezzi necessari alla realizzazione di una comunicazione di gruppo[7]. In questo decreto si riconoscono i profondi mutamenti socio-culturali provocati dai mass-media, sottolineandone l’estensione, l’efficacia e i vantaggi, insieme anche ai danni che portano per il loro cattivo uso, stimolando i cattolici ad utilizzarli in funzione pastorale. 

       Si stabilisce anche una Giornata mondiale della comunicazione[8] e la prima giornata è stata celebrata il 6 maggio 1967. Da allora è divenuta un evento regolare, in occasione del quale il Papa pubblica un messaggio sul tema prescelto per quell’anno. I temi, nella maggior parte dei casi, sono legati a fatti di attualità riguardanti la Chiesa e la società in genere e la loro relazione con la comunicazione sociale. Grazie a questi messaggi, il Papa ha l’opportunità ogni anno di sottolineare l’esigenza di una comunicazione adeguata ed efficace su questioni cruciali come la famiglia, i giovani, gli anziani, la pace e la giustizia, la libertà umana, l’evangelizzazione e la riconciliazione. Nei loro presupposti principali molti di questi messaggi mostrano un certo ottimismo nei riguardi dei poteri dei media, ma altrettanto frequentemente mettono in guardia sui possibili pericoli[9].

       Il Decreto conciliare propone anche l’istituzione in Vaticano di un Ufficio mondiale per gli strumenti della comunicazione sociale (n. 19). Rispondendo a tale proposta, Paolo VI creò nell’aprile del 1964 con il Motu proprio In fructibus multis una Commissione[10] per le Comunicazioni sociali. Anche gli altri Uffici nazionali, nati per il cinema, come già indicato in Vigilanti cura (1936), dovevano essere trasformati in Uffici per tutti i mezzi della comunicazione sociale. Va inoltre ricordato che il decreto Inter Mirifica ha stabilito che vengano istituiti dovunque e opportunamente finanziati gli Uffici nazionali per la stampa, il cinema, la radio e la televisione, con il compito principale di unificare gli sforzi, formare le coscienze e incoraggiare i cattolici che operano in questo campo (n. 21)[11].

       Il 23 maggio 1971 la Commissione per le Comunicazioni sociali pubblicò un’Istruzione, frutto della prima versione del decreto Inter Mirifica, di 114 sezioni (poi ridotto alle poche essenziali), e dell’espressa delega dei Padri Conciliari, affinché fosse curata nei dettagli «con la collaborazione di periti scelti nelle varie nazioni» (n. 23)[12]. L’Istruzione pastorale si chiama Communio et progressio, che va dunque considerata come un contributo del Concilio Vaticano II, ove vengono sviluppate le linee del decreto conciliare, sia sul piano dottrinale che su quello pratico. Essa presen­ta la comunione trinitaria, l’incarnazione e la vita di Cristo, perfetto comunicatore, come modello di ogni comuni­cazione umana nella prospettiva di una maggiore comunione e promozione umana. L’Eucarestia viene vista come comunicazione che porta alla comunione. Si esorta, poi, i Vescovi «a costituire, oltre che gli Uffici nazionali, anche quelli diocesani, per promuovere un piano pastorale diocesano e di curarne l’attuazione fino al livello parrocchiale, oltre al dovere di preparare in diocesi l’annuale celebrazione della Giornata Mondiale» (nn. 168-169). 

       Communio et progressio è considerata come la Magna charta della comunicazione cristiana, caratterizzata da un approccio alla comunicazione e alla Chiesa più positivo, professionale e concreto. Gli autori stessi, comunque, non la considerano come la parola finale della Chiesa sull’argomento, ma si augurano piuttosto «che la sua pubblicazione più che la sintesi di un’epoca, segni l’inizio di una nuova era» (n. 186), consapevoli del fatto che «il Popolo di Dio [...], volgendo con immensa fiducia lo sguardo al futuro, sia come comunicatore che come recettore, già intravede quanto sia largamente promettente la nuova era spaziale delle comunicazioni sociali» (n. 187)[13].

       La seconda Istruzione Pastorale del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali del 12 febbraio 1992, Aetatis novae[14], è legata, come indica il sottotitolo stesso, a Communio et progressio, di cui celebra il ventesimo anniversario della pubblicazione, seppure con un anno di ritardo. Questo documento «desidera riflettere sulle conseguenze pastorali» delle moderne «rivoluzioni tecnologiche» e sul fatto che oggi «non c’è luogo in cui l’impatto dei media non si faccia sentire sugli atteggiamenti religiosi e morali, sui sistemi politici e sociali, sull’educazione» (n.1). Il documento intende applicare i documenti conciliari e postconciliari alle «nuove realtà emergenti», richiamando alla loro responsabilità tutte le componenti ecclesiali, specialmente i Vescovi e le persone cui spetta di decidere circa la distribuzione delle risorse della Chiesa (persone o cose). Particolare attenzione viene data alla pianificazione pastorale. Infatti è stata aggiunta al documento un appendice contenente gli «elementi di un piano pastorale per le comunicazioni sociali», con una numerazione che continua quella del testo, così da divenire parte integrante[15].

       Gli autori stessi ammettono che Aetatis novae non pretende di «pronunciare parole definitive su una situazione complessa, in movimento e in continua evoluzione, ma soltanto offrire uno strumento di lavoro e degli incoraggiamenti a coloro, uomini e donne, che si trovano di fronte alle conseguenze pastorali di queste nuove realtà» (n. 1).

       Ricordiamo ancora il Direttorio Catechistico Generale (11.4.1971), l’esortazione apostolica Evangelii Nutiandi(8.12.1975) di Paolo VI[16], le esortazioni apostoliche Catechesi tradendae (16.10.1979)[17]Familiaris consortio(22.11.1981)[18]Christifidelis laici (30.12.1988)[19] e la lettera enciclica Redemptoris Missio (7.12.1991)[20] di Giovanni Paolo II.

       Di particolare interesse, per la formazione dei futuri sacerdoti, sono Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione sociale, (19.3.1986)[21] della Congregazione per l’educazione cattolica. Questi Orientamenti sono rivolti in primo luogo alle Conferenze episcopali, ai vescovi delle diocesi e ai superiori e docenti dei seminari (n. 6). Si distinguono tre gradi o livelli d’iniziazione e formazione:

       - il primo, di base, riguarda l’adatta e specifica formazione dei recettori, vale a dire di tutti i lettori, gli spettatori e ascoltatori dei mass media; è da impartire perciò a tutti gli alunni di seminario indistintamente, in quanto tutti rientrano tra i recettori;

       - il secondo, pastorale, riguarda la futura attività sacerdotale, sia per poter formare a loro volta i fedeli al retto uso dei mass media, sia per poterne fare essi stessi valido uso nell’apostolato (è perciò da impartire a tutti i futuri sacerdoti);

       - il terzo livello, specialistico, riguarda quanti già operano nei mass media, o che, mostrando speciale inclinazione, si preparano ad operarvi, come pure quanti s’avviano all’insegnamento e formazione sui mass media nei due primi livelli (n.9).

       La Congregazione, nel 1993, è ritornata sull’argomento oggetto di questi orientamenti, dedicandovi alcuni paragrafi nelle sue Direttive riguardanti la preparazione degli educatori seminaristi (24.11.1993). Parlando della preparazione dei formatori dei seminari, viene sottolineato come essi dovrebbero avere «conoscenze di base delle scienze della comunicazione interpersonale e della dinamica delle decisioni umane» (n. 38). «L’educatore dovrebbe essere un buon comunicatore, capace di presentare chiaramente quei valori e quelle nozioni che sono l’oggetto della formazione e di adattarli alla ricettività degli studenti. Il seminario, dunque, nella formulazione stessa del suo compito educativo, dovrebbe divenire una scuola di comunicazione che, stimolando la loro vitalità interiore, prepara i futuri sacerdoti al delicato compito dell’Evangelizzazione»[22].

       I documenti dei vari episcopati, in modo particolare in quello italiano, ove si nota il progressivo interesse circa le comunicazioni sociali, nell’arco di questi ultimi trent’anni[23]. Nell’ultima nota pastorale dell’Episcopato Italiano, del 26 giugno 1996, Con il dono della carità dentro la storia. La Chiesa in Italia dopo il Convegno di Palermo, si ribadisce l’impegno a promuovere in ogni diocesi «una pastorale organica della comunicazione sociale, con ufficio diocesano adeguato e animatori ben preparati, per curare la formazione dei sacerdoti, dei comunicatori e degli utenti» (n. 29).

       Se si potesse dare uno sguardo di insieme di contenuto a questi documenti del Magistero si potrebbero notare alcune costanti[24]:

       - i mezzi di comunicazione sociale stanno riducendo sempre più le distanze e i tempi, unificando l’umanità, in modo tale da renderla «un villaggio globale»[25];

       - i mass-media hanno raggiunto una tale importanza e influenza che per «molti sono il principale strumento informativo e formativo di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari e sociali»[26];

       - una messa in guardia contro il pericolo dei mass-media quando propongono modelli di vita lontana dalla proposta evangelica;

       - insistenza perché la Chiesa si impegni per la formazione del cristiano ad un uso corretto degli strumenti della comunicazione sociale[27];

       - un’insistente riaffermazione del proprio diritto-dovere ad una presenza attiva nell’ambito della comunicazione mediale, che non può fare a meno[28], per l’annuncio del Vangelo di salvezza, con un linguaggio efficace proprio di questi media;

- la constatazione che, nonostante tanti ripetuti interventi, poco significativa è l’utilizzazione dei media per l’annuncio della Parola ed ancora praticamente inesistenti le strutture e il personale necessario per la formazione integrante sia del clero che dei seminaristi [29].

       Inoltre il Magistero propone la comunicazione sociale come «luogo privilegiato» in cui la buona novella va incarnata, ed esorta a capirla come parte di una «cultura nuova».



(P. Bernardino M. Abate, I Frati Francescani dell'Immacolata e la pastorale dei mass-media secondo il loro carisma, Casa Mariana Editrice, Frigento1998, pp. 18-24) 



[1] A questo proposito richiamo l’attenzione su una eccellente raccolta di testi ufficiali della Chiesa, che copre l’arco di sessant’anni, realizzata da padre Franz-Josef Eilers, segretario generale dell’ufficio per le comunicazioni sociali della Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia, già professore nel campo delle comunicazioni, dal titolo Chiesa e comunicazione sociale, edito dalla Elle Di Ci, anno 1996. Da leggere soprattutto Inter Mirifica (1963), Communio et progressio (1971), Aetatis Novae (1992), doc. Vita fraterna per i religiosi; e i messaggi pontifici per la Giornata mondiale delle comunicazioni a partire dal 1967.

[2] AAS XXVIII (1936), pp. 249-263.

[3] EILERS F. J. - GIANNATELLI R., Chiesa e comunicazione sociale, Leumann 1996, p. 13.

[4] AAS XLIX (1957), pp. 765-805.

[5] Difatti la prima bozza del documento del Vaticano II ripropone, nella prima fase della sua introduzione, le parole di Miranda prorsus: «Summo cum gaudio Catholica Ecclesia cunctas excipit mirandas prorsus technicae artis inventiones».

[6] AAS LVI (1964), pp. 145-157.

[7] Questa terminologia verrà poi usata anche negli altri documenti della Chiesa, soprattutto nel nuovo Codice di Diritto canonico del 1983.

[8] «Per incrementare e rendere più efficace il multiforme apostolato della Chiesa circa gli strumenti della Comunicazione Sociale, nelle diocesi di tutto il mondo, a giudizio dei Vescovi, si consacri una “giornata”, nella quale i fedeli vengano richiamati ai loro doveri in questo settore, vengano esortati a pregare a questo scopo ed a contribuirvi con le loro offerte, le quali saranno scrupolosamente devolute, secondo le necessità dell’orbe cattolico, al sostentamento e all’incremento delle istituzioni e delle iniziative promosse dalla Chiesa in questo campo» Inter Mirifica n. 18.

[9] I testi di questi messaggi, fino all’anno 1996, sono raccolti nel libro già citato di EILERS F.J. - GIANNATELLI R., pp. 219-340.

[10] Dal 28 giugno 1988 è chiamato Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali.

[11] EILERS F. J. - GIANNATELLI R., o.c., Leumann 1996, p. 60-61.

[12] Ibidem, p. 73.

[13] Ibidem, p. 74.

[14] AAS LXXXIV (1992), pp. 447-468.

[15] Il documento esorta di «non accontentarsi di avere un piano pastorale per la comunicazione, ma è necessario che la comunicazione sia parte integrante di ogni piano pastorale perché essa di fatto ha un contributo da dare a ogni altro apostolato, ministero o programma» cf ibidem, p. 459.

[16] Pubblicata dopo la terza assemblea generale del Sinodo dei Vescovi sull’evangelizzazione, tenutosi a Roma nel 1974, questa Esortazione vuole commemorare il decimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II. L’Esortazione fa espresso riferimento ai mass media nel capitolo quarto dedicato ai metodi e mezzi di evangelizzazione (nn. 40-48). In modo particolare al n. 45 si richiama al dovere e all’efficacia dell’utilizzo di questi mezzi: «Posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere quasi all’infinito il campo di ascolto della Parola di Dio, e fanno giungere la Buona Novella a milioni di persone. La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l’intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati; servendosi di essi la Chiesa “predica sui tetti” (Mt 10, 27; Lc 12,3) il messaggio di cui è depositaria; in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie ad essi riesce a parlare alle moltitudini».

[17] Pubblicata dopo la quarta assemblea generale del Sinodo dei Vescovi sulla catechesi, tenuto a Roma nel 1977, questa Esortazione «riprende le riflessioni di papa Paolo VI» e fa anche «ampio uso dei documenti redatti dal Sinodo» (n. 4). La parte relativa ai mezzi di comunicazione è contenuta nel capitolo VI, dedicato ai metodi e mezzi della catechesi (nn. 46-50) e in modo particolare al n. 46 si fa notare che la catechesi, «fin dall’insegnamento orale degli Apostoli, non ha mai cessato di ricercare vie e mezzi più adatti per svolgere la sua missione, con l’attiva partecipazione delle Comunità e sotto l’impulso dei Pastori. Un tale sforzo deve continuare [...] con le grandi possibilità che offrono i mezzi di comunicazione sociale e i mezzi di comunicazione di gruppo: televisione, radio, stampa, dischi, nastri registrati, tutto il settore degli audiovisivi».

[18] Questa esortazione fu pubblicata dopo il Sinodo dei Vescovi sul ruolo della famiglia cristiana, riunitosi a Roma dal 26 settembre al 25 ottobre 1980. In un paragrafo speciale, il numero 76, si parla dei «recettori e agenti delle comunicazioni sociali» in relazione alla famiglia. Il testo si riferisce agli effetti dei mezzi di comunicazione sulla famiglia e sull’educazione, «con il dovere di proteggere specialmente i bambini e i ragazzi dalle “aggressioni” che subiscono dai mass media», e auspica un’opportuna educazione ai media, cioè un accrescimento delle capacità di usare e valutare criticamente i mezzi di comunicazione e, in particolare, i programmi indirizzati alla famiglia. Familiaris consortio cita ampiamente i messaggi pontifici per le Giornate mondiali della comunicazione del 1969, 1980, 1981.

[19] Documento post-sinodale, ove nella sezione nella sezione «Evangelizzare la cultura e le culture dell’uomo», al n. 44, per i laici considera i mezzi della comunicazione sociale come «mezzo privilegiato» per la creazione e la trasmissione di cultura: «su tutte le strade del mondo, anche su quelle maestre della stampa, del cinema, della radio, della televisione e del teatro, deve essere annunciato il Vangelo che salva».

[20] Il papa Giovanni Paolo II parlando in questa enciclica sulla promozione della missione e della formazione del popolo di Dio, si riferisce al mondo delle comunicazioni come moderno areopago per la Chiesa e come importante settore della cultura moderna, in grado di influenzare la società (n. 37).

[21] La Congregazione per l’Educazione cattolica pubblicò nel 1971 la Ratio fundamentalis istitututionis sacerdotalis come piano di base per la formazione sacerdotale e l’applicazione dei documenti conciliari. Da allora questo «piano di base» è stato considerato come una piattaforma di riferimento fondamentale per tutti i programmi di formazione nei seminari e nelle case di formazione. Sulla scia di questo documento, la Congregazione ha pubblicato una serie di guide o documenti simili su aree particolari della formazione sacerdotale: la formazione teologica (1976), lo studio della filosofia (1972), la formazione liturgica (1979), la formazione giuridica (1975), la formazione al celibato sacerdotale (1974), vari aspetti della formazione spirituale (1980), lo studio e insegnamento della dottrina sociale della Chiesa (1988) o lo studio dei Padri della Chiesa (1989). I presenti Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della comunicazione sociale vanno, dunque, inseriti nell’ambito di queste pubblicazioni.

       Già la Ratio fundamentalis contiene, nella sezione «Studi sulle arti e le scienze», un paragrafo che comincia con le seguenti parole: «Oggi le persone ricevono le loro informazioni e convinzioni non solo dai libri e dagli insegnanti, ma in misura crescente anche dai sussidi audiovisivi. È quindi della massima importanza che i sacerdoti siano preparati ai nuovi metodi. Essi dovranno avere, tuttavia, un atteggiamento corretto nei loro riguardi: essere pronti a farne un uso critico e cercare di non essere degli spettatori o ascoltatori meramente passivi» (n. 68).

[22] Anche gli Orientamenti parlano del bisogno di creare «un clima di comunicazione degli alunni, tra loro e con i propri docenti», così da allenarli «al frequente dialogo interpersonale e di gruppo, curando la proprietà del linguaggio, la chiarezza dell’esposizione e l’efficace dell’argomentazione, per integrare le comunicazioni prevalentemente unidirezionali e per immagini dei mass media. I docenti, da parte loro [...] curino, senza alcun pregiudizio al rigore scientifico, la massima comunicabilità, eventualmente aggiornando il proprio linguaggio» (n. 24).

[23] Cf anche i documenti dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, della Commissione episcopale, del Consiglio permanente della CEI. Ricordiamo in particolare: La giornata mondiale delle comunicazioni sociali (marzo 1967); Criteri generali per la costituzione degli uffici dipendenti dalla CEI (7-9 febbraio 1973); Norme per la trasmissione televisiva della messa (14 giugno 1973); La pastorale della comunicazione sociale. Linee e orientamenti dell’Ufficio per le comunicazioni sociali (25 luglio 1975); Le sale cinematografiche parrocchiali (9 gennaio 1982); Orientamenti e norme per la formazione dei presbiteri (15 maggio 1980); “Ratio studiorum” degli studi teologici dei seminari (10 giugno 1984); Il giorno del Signore... La messa alla televisione (15 luglio 1984); Il dovere pastorale delle comunicazioni sociali (15 maggio 1985); Regolamenti degli Organismi della CEI (14 gennaio 1986); Traccia di riflessione in preparazione al Convegno ecclesiale di Palermo (19 dicembre 1994). La fonte di tutti questi documenti è l’Enchiridion della Conferenza Episcopale Italiana. Decreti, Dichiarazioni, Documenti pastorali per la Chiesa italiana (1954-1995), voll. 5, Bologna 1985-1996.

[24] Cf LEVER F., Mass media e catechesi, in Enciclopedia Pastorale, vol. II, Casale Monferrato 1992 p. 95.

[25] RMi 37.

[26] Ibidem.

[27] Ad esempio il «Direttorio Catechistico Generale» del 1971 afferma che «è compito della catechesi educare i cristiani a discernere la natura e il valore di ciò che viene proposto dai mass-media» (cf anche «Inter Mirifica» n. 16 e «Communio et Progressio» nn. 108 e 130-131).

[28] Cf EN n. 45

[29] Cf Orient. per form. dei sacerdoti n. 5.


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